Vede, dott. Muritano, qui spesso si affaccia l'idea che tutti possano fare tutto, senza problemi, tanto il mercato farà giustizia degli inetti e dei cialtroni. Il rischio che ciò avvenga dopo che si siano prodotti gravi danni è, a quanto pare, irrilevante.
A me piacerebbe sapere, da chi critica l'art. 33 Cost., se ritiene che una laurea in giurisprudenza sia sufficiente per esercitare una professione legale e, allo stesso modo, se una laurea in ingegneria lo sia per progettare, che so?, il ponte sullo stretto di Messina. Vale a dire: se ritiene che gli studi universitari siano immediatamente professionalizzanti (orribile vocabolo, lo ammetto). Qualche corso di laurea lo è, per es. quello in scienze infermieristiche: ma gli studenti svolgono ripetuti tirocini, per mesi e mesi.
Giurisprudenza, per esempio, non prevede stages: non a caso, perché forma laureati - in teoria - polivalenti, nel senso che possono intraprendere diverse professioni. La pratica prevista dalle leggi disciplinanti le professioni serve a colmare un vuoto; chi si lamenta dell'essere richiesto di fare fotocopie e tenere in ordine i fascicoli, per mia esperienza, non sa neppure come redigere un atto di citazione anche se conosce a memoria l'art. 163 c.p.c.